Biografia di Marcello Dudovich
Marcello Dudovich (Trieste, 21 marzo 1878 – Milano, 31 marzo 1962) è stato un pubblicitario e pittore italiano. Assieme a Leonetto Cappiello, Adolf Hohenstein, Giovanni Maria Mataloni e Leopoldo Metlicovitz è stato uno dei padri del moderno cartellonismo pubblicitario italiano. Da Trieste si trasferisce a Milano nel 1897. Grazie all'amicizia del padre con Leopoldo Metlicovitz, all'epoca già affermato pittore e cartellonista, Marcello viene assunto come litografo alle Officine Grafiche Ricordi. In questo ambiente, l'artista ha modo di confrontarsi con i lavori di alcuni dei più apprezzati cartellonisti dell'epoca, come Adolf Hohenstein, Aleardo Villa, Leonetto Cappiello, Giovanni Maria Mataloni e viene incaricato di realizzare bozzetti per la pubblicità. Amplia la sua formazione frequentando nel 1898 corsi di disegno accademico e di studio del nudo presso la “Società Artistica Patriottica” di Milano e apre uno studio di pittura assieme a Metlicovitz e al pittore greco Arvanitaki. Inizia a produrre autonomamente le prime opere di grafica pubblicitaria per la Ricordi ma anche per altri stabilimenti litografici quali Gualapini, Cantarella e Modiano. Nel 1899, anno saliente nella sua vicenda artistica, viene chiamato a Bologna per lavorare presso lo Stabilimento Grafico di Edmondo Chappuis. L'artista, pur lasciando Milano, continua il suo rapporto di lavoro con le Officine Grafiche Ricordi. È nel capoluogo emiliano che inizia a produrre cartelloni pubblicitari, copertine, illustrazioni e schizzi per varie riviste; corrispondono proprio a questi anni le prime opere autonome e complete, firmate da Marcello. In questo periodo è anche illustratore di ruolo della rivista “Fantasio” nel 1902, edita a Roma e specializzata in letteratura, critica e varietà. Nel 1900 realizza manifesti che lo portano a vincere per tre anni consecutivi, dal 1900 al 1902, il concorso “Feste di primavera” bandito dalla Società per il Risveglio della Vita cittadina: diventa indiscusso caposcuola del cartellonismo italiano, arrivando a vincere anche la Medaglia d'Oro all'Esposizione Universale di Parigi del 1900. Partecipa nel 1902 all'Esposizione Internazionale d'Arte Decorativa Moderna a Torino, esponendo il manifesto “fisso l'idea” sotto la sigla societaria della cooperativa artistica “Æmilia Ars”, famosa per lo studio di antichi modelli del rinascimento, della lavorazione del gioiello, del cuoio, dei mobili e della ceramica. Collabora nel 1904 con la rivista d'arti e lettere “Novissima”, diretta da Edoardo De Fonseca. La rivista, divulgata per dieci anni, fu considerata il Manifesto della Grafica Moderna, una raffinata pubblicazione italiana dedicata all'arte della decorazione del libro e di ruolo fondamentale nei riguardi dello stile Liberty, in cui collaborarono i maggiori artisti dell'epoca: oltre a Dudovich vi furono Ferruccio Baruffi, Luigi Bompard, Felice Casorati, Giacomo Balla, Gaetano Previati. L'artista rimarrà a Bologna per sei anni produttivi e qui conoscerà la futura moglie, Elisa Bucchi, giornalista di moda originaria di Faenza che rappresenterà la musa ispiratrice dei bei tratti femminili raffigurati nelle sue campagne pubblicitarie. La donna ha già un figlio, Ernesto, al quale Dudovich darà poi il proprio cognome. L'unica figlia di Elisa e Marcello è Adriana, che sposerà nel 1935 Walter Resentera, un giovane pittore veneto. Insieme al giovane, suo grande ammiratore trasferitosi a Milano col fermo proposito di diventare suo allievo, Dudovich inizierà una lunga cooperazione, sia nel campo del manifesto sia in quello della decorazione murale. Instaura in questo periodo rapporti artistici e storici con la città di Firenze, nella quale da molti anni opera Alfonso Rubbiani e la sua scuola di giovani artisti. Lavora per il periodico umoristico bolognese Italia Ride, per il quale realizzerà numerose illustrazioni, vignette satiriche e decorative, una rivista proiettata verso una visione moderna dell'arte contemporanea che sfocia pian piano nella nuova e stimolante Art Nouveau. Questa collaborazione lo porta a stretto contatto con i più importanti personaggi di spicco dell'avanguardia italiana quali Augusto Majani, in arte Nasìca, direttore artistico, Augusto Sèzanne, Luigi Bompard, Ugo Valeri, Ardengo Soffici, Galileo Chini e altri rinnovatori, dalla cui frequentazione l'artista trae ulteriore motivo di crescita. Rimane a Bologna fino al 1905, anno in cui termina la cooperazione con lo stabilimento Chappuis di Bologna, a causa di una indiscutibile tendenza del triestino alla libertà professionale, nella ricerca di sempre nuove esperienze che certo poteva concretizzare in città molto più industrializzate come Milano. Nell'ottobre del 1905 giunge a Dudovich un invito dall'editore Armanino a recarsi a Genova e, nonostante l'entusiasmo iniziale, il capoluogo ligure non riesce ad offrirgli l'ideale ambiente lavorativo. Torna nuovamente a Milano nel 1906, dove prepara un avvenimento d'importanza europea: l'Esposizione Internazionale, collegata all'inaugurazione del Traforo del Sempione. Ristabiliti i rapporti con le Officine Grafiche Ricordi, l'artista partecipa con gli altri cartellonisti della scuderia al concorso indetto per scegliere il manifesto pubblicitario che rappresenterà l'Esposizione. Dopo i riconoscimenti ricevuti per l'inaugurazione del Traforo del Sempione, viene affidato a Dudovich l'incarico di decorare le pareti esterne del padiglione italiano di arte decorativa all'Esposizione Internazionale di Milano, devastato da un incendio. Dudovich, ormai maestro emergente nel panorama della grafica dell'inizio secolo, guarda con attento interesse le nuove avanguardie dell'Espressionismo, movimenti europei quali il “Fauves ”, innescato da Henri Matisse ed il gruppo di “Die Brücke” di Dresda, che influenzeranno le sue opere. Il 1907 e il 1913 sono gli anni dei manifesti, realizzati per le campagne pubblicitarie promosse dai Grandi Magazzini napoletani dei Fratelli Mele, occupandosi della promozione di immagine della ditta. Essi rappresentano in assoluto le sue invenzioni più originali e felici: la “donna in abito rosso”, la “donna in abito azzurro”, la donna scrutata con contrastanti sentimenti da una coppia di passanti. Ma sono anche gli anni in cui Dudovich disegna uno dei suoi più famosi manifesti per la ditta alessandrina Borsalino, vincendo il concorso indetto dalla Casa per realizzare la pubblicità del cappello “Zenit”. Tale manifesto, pur essendo presentato da Dudovich fuori concorso, vincerà l'assegnazione del premio e rappresenterà per lui il maggior tributo e riconoscimento. L'artista frequenta con assiduità i pubblici ritrovi milanesi, entrando in contatto con i più grandi personaggi che animano la vita culturale metropolitana. Egli descrive gli ambienti dove si muovono i signori, i borghesi, dove si esibisce la mondanità, riuscendo però quasi ad idealizzare un mondo del quale diviene interprete, una nuova società fiorente e in continua crescita: la Belle Époque. In questi ambienti intrattiene rapporti di amicizia con Camillo Boito, architetto e scrittore, e con tutta la serie dei grandi artisti e letterati dei circoli milanesi, quali Filippo Carcano, Antonio Ambrogio Alciati, Umberto Boccioni e Federico Andreotti. Frequentando regolarmente il Caffè Biffi, il Savini e l'Orologio, entra in contatto con gli ambienti della moda, facilitato anche dalla moglie Elisa Bucchi che lavora come capo corrispondente per alcune riviste rinomate dell'abbigliamento. Dudovich, assistendo alla trasformazione dell'abbigliamento, soprattutto nella linea dell'abito femminile, approfitta del momento emancipando la figura della donna e dotandola di tutti gli accessori della seduzione: guanti, fiocchi, colletti e calze, il tutto accompagnato dalla sigaretta con bocchino da fumo, divenuta simbolo della verve femminile di quell'epoca. La donna evade dal contesto casalingo non più relegata alle sole mansioni domestiche di fine Ottocento, vedendosi finalmente elevata ad un ruolo determinato nella società.