Asta 409 | ARTE ANTICA E DEL XIX SECOLO Tradizionale
Lotto 32
In cornice intagliata e dorata del XVII secolo.
Referenza: Fototeca Zeri, inv. 321, busta 525, scheda 52501.
Bibliografia:
G. Cantelli, Repertorio della pittura fiorentina del seicento, Opus libri, Fiesole 1983, p. 70, fig. 304.
F. Baldassari, Carlo Dolci, Artema, Torino, 1995, p. 100, fig. 68.
F. Baldassari, La pittura del seicento a Firenze, Robilant + Voena, Torino, 2009, p 331.
F. Baldassari, Carlo Dolci, Complete catalogue of the paintings, Centro Di, Firenze, 2015, tav. 66, p. 162.
Carlo Dolci fu tra i principali pittori fiorenti del Seicento, noto soprattutto come ritrattista e uno dei più grandi interpreti della pittura sacra dei suoi tempo. Fin da piccolo apprese le primissime nozioni di pittura; entrò nella bottega di Jacopo Vignali nel 1625. Già a quindici anni dipinse il primo volto di Gesù, subito dopo eseguì una serie di ritratti che lo portarono a godere della protezione della corte medicea. Tra i maestri dello stile controriformato, dai primi dipinti emerge il sapiente utilizzo dei colori e del chiaro scuro, tratto distintivo anche nella fase matura che andrà affinandosi prediligendo una matteria pittorica più densa che rendi i volti nitidi e levigati.
L’opera qui presentata fu per dimensioni e soggetto probabilmente destinata a un luogo di devozione privato ed è stata datata da Francesca Baldassari alla metà degli anni ’40 del XVII secolo. Nel corso di questo decennio interviene un mutamento rilevante nelle scelte stilistiche di Carlo Dolci che si orienta a una pittura più contrastata, in cui i chiari scuri si fanno drammatici e le tonalità lucide e smaltate in consonanza con le opere di Cesare Dandini . Il nostro dipinto, in cui si rinforza il senso di sofferta solitudine del Cristo, segnato dal sangue colante da una corona di spine resa con estrema cura del dettaglio, rimanda a un’altra opera dello stesso periodo, simile anche nella fisionomia, ossia il San Giovanni Battista, datato 1645, conservato presso il Museo di Palazzo Mansi a Lucca. Ricordiamo infine che l’Ecce Homo fu un soggetto amato da Dolci e di successo, tanto che lo stesso Baldinucci sottolinea che ve ne “sono fuori più originali” (F. Baldinucci, Notizie de’ professori del disegno da Cimabue in qua, 1846, p. 356) e spesso con al retro indicazioni sull’anno di creazione come per un altro Ecce Homo, datato appunto sul telaio 1645. (Baldassari, fig. 67, p. 100). La Baldassari nota che anche il nostro dipinto aveva prima del rintelo una scritta parzialmente riportata dal restauratore dopo aver foderato l'opera che così recita IHS DISCITE MITIS SUM ET HUMILIS CORDIS ET INVENIETIS REQUIEM ANIMABUS VESTRIS DONATUS ANNO SALUTIS MDC (..) CAROLUS DOLCIUS.
Base d'asta: € 15.000,00
Stima: € 20.000,00 - 30.000,00
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