Lotto 116

Polidoro, Detto Polidoro Da Caravaggio Caldara (1497 - 1543)

Il ratto delle sabine.

**Opera proveniente da fallimento di società.
Disegno preparatorio per il fregio di Palazzo Milesi, Roma, al verso.
Provenienza: Vendita Nassetta del 1875 (come da scritta a matita, con grafia novecentesca, sul verso della controfondatura).
L’opera é accompagnata dall’expertise di Emilio Negro.

Polidoro Caldara, meglio conosciuto come Polidoro da Caravaggio, è noto soprattutto per l’attività di decoratore che lo vede impegnato a Roma negli anni antecedenti il Sacco di Roma del 1527; la sua opera ha poi avuto grande seguito grazie alla diffusione di incisioni ed è stata di rilevante importanza per gli artisti dei secoli successivi come Pietro da Cortona, Peter Paul Rubens e Heinrich Füssli.
Le prime notizie circa l’apprendistato dell’artista risalgono al 1515, anno in cui si trova a Roma dove, grazie alla conoscenza di Giulio Romano e Giovanni da Udine, entra nella bottega di Raffaello, a quel tempo impegnata negli affreschi dei Palazzi Vaticani: Polidoro lavora, dal 1517 al 1518 circa, alla decorazione di alcune parti delle Logge di Papa Leone X. Durante il suo apprendistato stringe rapporti con il pittore e l’architetto spagnolo Pedro Machuca (1490-1550) ed il fiorentino Perin del Vaga (1501- 1547), con i quali costituisce il nucleo degli artisti raffaelleschi che danno all’insegnamento classico del Maestro un’interpretazione più violenta e caricata.
La prima opera autonoma di rilievo è la decorazione della Cappella della Passione in Santa Maria della Pietà in Vaticano (1522-1523), dove si ha la più alta espressione della sua concezione drammatica ed eccentrica della natura e della classicità e dove si avverte già la presenza di spunti di derivazione nordica.
Polidoro diventa celebre a Roma come pittore di facciate e di palazzi (tra cui quella del Palazzo Milesi, suo capolavoro), attività che svolge in collaborazione con altri artisti, in particolare con Maturino da Firenze: in essi vengono sviluppati soggetti classici che conferiscono splendore anche agli edifici architettonicamente più modesti grazie al ricorso alla tecnica a chiaroscuro della grisaille, tesa a imitare rilievi antichi (come la Colonna Traiana) e finte architetture prospettiche.
Questi affreschi, il cui successo è all’epoca ampiamente riconosciuto sia da Leone X sia da Clemente VII, sono purtroppo quasi tutti scomparsi e fruibili unicamente grazie ai disegni e alle incisioni pervenute.
Il personale sentimento dell’antico, la sua particolare visione della natura e il suo stile drammatico avvicina Polidoro a Michelangelo, del quale studia attentamente la Cappella Sistina ed agli artisti innovatori che giungono a Roma da ogni parte d’Italia, come il Rosso Fiorentino (1495-1540), Parmigianino (1503- 1540) e il fiammingo Jan van Scorel (1495-1562).
Il risultato di questi influssi manieristi è la decorazione della Cappella di Fra’ Mariano in San Silvestro al Quirinale eseguita intorno al 1526, nella quale viene esaltata una natura selvaggia che arriva a prevaricare anche le rovine classiche e che può essere considerata un precedente dell’arte europea del paesaggio del XVII secolo.
Al culmine della carriera Polidoro è costretto a lasciare Roma in seguito al Sacco (1527) e a riparare a Napoli, dove riceve essenzialmente commissioni ecclesiastiche.
L’anno successivo si sposta a Messina, dove rimane sino alla morte: qui l’influsso dei polittici gotici spagnoli e fiamminghi lo porta verso un’evoluzione in senso manieristico ed espressionistico che si esprime attraverso uno stile rapido, dal disegno aguzzo e dalla composizione decentrata, e ad una espressività ancora più forte e caricata.
Le opere della fase finale della sua produzione, contraddistinte da una materia scarna ed oleosa, quasi monocroma, rivelano la conoscenza della produzione di Luca di Leida e dell’ultimo Michelangelo e approdano a risultati visionari e anticlassici.
Il disegno proposto è in buono stato di conservazione; i riferimenti stilistici sono da rintracciare nelle opere di Raffaello, di Perin del Vaga e dello spagnolo italianizzato Pedro Machuca, oltre alla classicità romana.
Si tratta di una prova grafica in cui si manifesta un’interpretazione caricata, al limite della brutalità, del classicismo di Raffaello, peculiarità stilistiche che consentono di attribuire l’opera “il Ratto delle Sabine” a Polidoro da Caravaggio, come si evince dall’expertise del Prof. Emilio Negro.

L’opera è il disegno preparatorio per il fregio a monocromo con “La Storia di Niobe” dipinto tra il 1526 e il 1527 per Giovanni Antonio Milesi, da Polidoro in collaborazione con Maturino da Firenze, per la facciata di Palazzo Milesi a Roma.
Il disegno è da correlare al fregio del secondo piano del Palazzo ove è rappresentata la scena del “Ratto delle Sabine”.
La decorazione del Palazzo viene ricordata da Vasari come l’ultima eseguita a Roma prima del Sacco e versa attualmente in imperfette condizioni conservative, da cui la notevole importanza della scoperta di questo eccellente disegno.
Numerose sono le analogie di stile con prove grafiche e dipinti di Polidoro: l’impostazione compositiva delle forme neo-raffaellesca, il solido plasticismo e la resa del movimento, così come il peculiare modo di trattare il panneggio ed i colpi di biacca che esaltano i chiaroscuri.

Tecnica: Penna e inchiostro acquerellato con lumeggiature a biacca, su carta marrone chiara controfondata.

Misure: 17.2 x 16.4 cm

Tipologia oggetto Opere su carta

Dipartimento ARTE ANTICA E DEL XIX SECOLO

Periodo Arte antica

Base d'asta: 2.000,00

Stima: 4.000,00 - 6.000,00

Il lotto sarà battuto in asta il 15 dicembre a partire dalle 16:00.
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